Nell’articolo precedente, abbiamo visto quali sono le condizioni ottimali per il piacere: se queste non si verificano ci troviamo davanti a vari livelli di disagio. Uno dei più gravi, che toglie la voglia di vivere, che fa avvertire come vano qualsiasi tentativo di andare avanti, è la depressione.
Malinconia, Edvard Munch
La depressione non va confusa con situazioni di tristezza, dolore o frustrazione, anche se protratte nel tempo. Una persona triste gioirà nel caso il motivo della sua tristezza scompaia e la persona che prova dolore si sentirà sollevata quando starà meglio. Ma non ci sono situazioni o stimoli in grado di risollevare una persona dallo stato depressivo: “essa è incapace di rispondere” (Lowen, 1972, p.2).
Lowen afferma che la depressione è un disturbo del corpo. L’Io ne è coinvolto in quanto istanza che si rende conto della situazione ma che, pur con un enorme sforzo di volontà, non riesce in alcun modo a tirarsene fuori.
Abbiamo visto che piacere e depressione possono essere considerati gli estremi di uno stesso continuum, oppure due diverse condizioni contrapposte l’una all’altra. Il pieno vs il vuoto. La vita vs la morte.
Partiamo allora dal pieno e dalla vita.
Il piacere scaturisce dall’equilibrio dinamico tra Io cosciente e Sé inconscio. Quando l’Io è consapevole delle sensazioni del corpo ed è capace di impegnarsi in attività che ne tengano conto, ascoltando e integrando i bisogni profondi che scaturiscono dal Sé corporeo, siamo in una situazione di piacere. Ricercare attivamente il piacere è un ossimoro, per Lowen: il piacere scaturisce in modo naturale quando le diverse polarità dell’esperienza sono tra loro integrate e soddisfatte.
La consapevolezza del piacere scaturisce dall’identificazione con ciò che intraprendiamo, quando avvertiamo cioè che la riuscita in una determinata attività è libera e spontanea: “Il piacere è il fluire di questa riuscita” (Lowen, 1970, p. 21).
Flow: equilibrio tra sensazioni corporee e mente. Durante lo stato di flow si può perdere la percezione temporale.